Quest'immagine mi arrivò mentre mia madre era in visita da noi, poco dopo la morte di mio padre, nell'estate del 2014.
Stamattina ho ripescato questo file e ho deciso che era il momento di porlo qui.
Suìlad, Mellyn.
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Il profumo delle erbe aromatiche appese all'essiccatoio in cucina, mi riporta alla mente il periodo in cui cominciò il mio viaggio.
Non che sia partita per una qualche spedizione in capo al mondo, si tratta di un percorso molto più profondo e che mi ha condotta assai più in là rispetto a dove il mio sguardo si è mai posato.
Mentre sistemo gli steli di lavanda e li lego con lo spago, mi ritorna alla mente un enorme campo di fiori selvatici: per lo più vi cresceva erba alfa alfa, come non ne avevo mai vista.
Quell'anno fù particolarmente propizio per quella specie, su in collina: ne crebbe così tanta da ricoprire il fianco delle colline come un soffice tappeto violaceo.
Avrei dovuto dar retta a mio marito e raccoglierne qualche mazzo per l'inverno, invece mi feci prendere dagli scrupoli e pensai Sta meglio qui, a crescere libera e al sicuro.
Eppure non molto tempo dopo, riflettendoci, ho realizzato che madre natura ci propone certe varietà in alcuni anni rispetto ad altre, proprio perché possono tornare utili.
Secondo i nativi americani, il Popolo delle piante – o regno vegetale, è al servizio degli animali e degli uomini: hanno il compito di fornirci il necessario per guarire dalle malattie.
Purché non se ne abusi, naturalmente.
Questa lezione l'uomo occidentale non l'ha ancora imparata, nonostante siano trascorsi molti secoli da quando le popolazioni native cacciate dalla loro terra li avevano messi in guardia.
Mi guardo attorno e vedo ancora molta arretratezza, superficialità e gretti pensieri legati alle necessità materiale, laddove le persone invece hanno bisogno di nutrire le proprie menti e i propri spiriti.
Mentre rifletto su questo, appendo i mazzi di lavanda al telaio sopra il tavolo e aspetto che mia madre, ormai anziana, mi passi i rami di rosmarino.
- A cosa pensi? - Mi domanda guardandomi criptica.
Io non rispondo, mi limito ad abbozzare un sorriso. Lei mi ricambia e riprendiamo il lavoro in silenzio.
Siamo fatte così.
Siamo sorelle di anima, come le dicevo da giovane.
Mentre prepariamo i fasci di rosmarino, il suo profumo pungente si espande rapidamente impregnandoci le dita e i vestiti, e intanto le domando – Mamma, cosa vedi davanti a noi? - Lei fissa di fronte a sé un attimo – A cosa ti riferisci?
- A tutto quello che succede attorno a noi. - Le rispondo.
Tace. Quando fa così, è perché non riesce a vedere con chiarezza come potrebbe andare avanti, quindi preferisce tacere.
Mio padre aveva quest'abitudine, e lei l'ha fatta sua di rimando.
A volte ancora mi manca, lui.
Sapeva come parlare alla terra, non aveva svolto alcuna scuola di agraria, eppure attraverso le sue mani le piante crescevano verdi, sane e rigogliose.
Il suo unico insegnamento per me era “Impara ad ascoltare.” E questo era la sua risposta a tutte le mie domande su qualunque argomento.
Sulla terra però, aveva marcato la cosa in modo incisivo.
Per questo poi, seppur a fatica, ho cercato di seguire un sentiero parallelo al suo.
Io però non sono mai stata portata per gli ortaggi o i frutteti.
Il mio campo, per così dire, è sempre stato quello delle erbe officinali.
Camomilla, calendula, malva, passiflora, menta, timo, rosmarino, biancospino, arnica, alfa alfa... Non basterebbe un libro a elencarle.
Negli anni ho recuperato libri di erbe officinali selvatiche e da coltivazione e le ho studiate.
È incredibile come da una parte si veda il mondo naturale che segue determinati ritmi, i quali a patto di rispettarli pedissequamente, portano benefici e salute, e dall'altra ti ritrovi industrie che per la borsa sono disposti a inquinare, distruggere e svendere tutto, portando malessere.
- Sembri tuo padre! - Esordisce mia madre all'improvviso.
Mi cade di mano il fascio di rosmarino che stavo appendendo all'essiccatoio, lei lo raccoglie e scuote il capo – devi pensare a quello che fai! - Anche se ora è una vecchietta, mi riprende come se fossi ancora una bambina.
In passato me la sarei presa, ora ci rido sopra.
- Scusa, mamma. - E sorrido.
Altra cosa che faccio più spesso. In passato ero una brontolona che aveva sempre la polemica sulle labbra.
Un'amica mi disse una volta – La maternità ti sta facendo bene. Sono contenta, ti vedo molto meglio! - All'epoca credetti di capire cosa volesse dire, ma mi ingannavo.
L'ho capito solo molto tempo dopo, riguardandomi indietro, e vedendo il lungo viaggio che ho percorso da quando sono nata sin qui.
In realtà la mia panacea è stato mio marito.
Ma di questo non intendo spendere più parole del necessario.
Fa parte di un personale viaggio parallelo che non ha attinenza con quanto detto sopra, quindi non ne parlerò più.
Riprendo il filo dei miei pensieri mentre esco in giardino passando dalla porta finestra della cucina: siamo in piena estate e le piante sono tutte in fiore, perfino il mio vecchio Cactus sembra essersi ripreso e sulle sue estremità ci sono fiorellini rossi.
Mia madre ogni volta che lo vede scuote il capo e io non riesco a trattenermi dal ridere: a lei le piante grasse non vanno molto a genio, preferisce i geranei, principalmente perché tengono lontane le zanzare, secondo me.
Infatti casa sua è piena di vasi di geranei, ma il suo tesoro più prezioso è nell'angolo più interno e riparato dal vento: ha piantato delle rose antiche prese dal fioraio qualche anno fa, che nel tempo sono cresciute e ora sono diventate belle robuste.
Non so dire che specie siano esattamente, sono rosse e profumano, e cosa più importante, sono della stessa varietà che mio padre rubava dai cancelli dei vicini di casa per portargliele a casa la sera, staccato dal lavoro.
E questa, secondo me, è la qualità più importante.
Sono stati insieme per 40 anni, ogni volta che mi racconta qualcosa di ciò che facevano insieme, io faccio un passo indietro: sono esperienze che non si possono condividere, sono l'eredità che mio padre le ha lasciato ed è tutto ciò che la sta tenendo in vita.
Spero per altri dieci anni. Poi se vorrà potrà raggiungerlo.
Me li porterò entrambi in giardino e poserò le ceneri sotto il roseto.
Questo però lo tengo per me, non serve che lei lo sappia.
La mia famiglia negli anni si è avvicinata a noi, questo ci ha permesso di riallacciare i rapporti e coltivare i nostri legami.
Mia madre ha una villetta vicina alla nostra casa e spesso viene da noi a pranzo, poi si ritira, come sta per fare ora: è stanca.
Abbiamo fatto le pulizie, mi aiuta sempre per via dei bambini, ha paura che mi cedano le gambe e che da sola non riesca a farcela.
Ho smesso di discuterci da tempo, mi limito a ricambiare la cortesia da lei e poi rientro in casa.
- Ci vediamo stasera, o domani! - Mi abbraccia, minuta e alta quanto una fata.
Ultimamente mi sono domandata per quanto tempo ancora potrò ricevere le sue attenzioni e i suoi abbracci, mio marito mi dice di stare tranquilla: devo vivere la gravidanza serenamente e questi pensieri non aiutano.
Rimango sola in giardino, alzo gli occhi al cielo: azzurro e limpido come uno specchio d'acqua.
Dentro qualcuno ha acceso della musica, del genere che piace a me: celtica.
Socchiudo gli occhi e mi rilasso sedendomi sulla panca in pietra. Le api mi ronzano vicino alle gambe ma non me ne curo: oramai ho imparato a conviverci e, nonostante la presenza di vespe e qualche calabrone, non ho mai subito la puntura di uno di loro.
Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te.
Mi viene da ridere: sono sempre stata un'accanita sostenitrice del Karma e se vedevo un'ape intrappolata in casa la facevo uscire all'aperto.
Perfino uccidere le zanzare mi provoca disagio, anche se le loro punture possono portare sgradevoli conseguenze.
In quei casi comunque, appariva sempre mia madre con mezzo limone e mi risolveva il problema della puntura in mezzo secondo: abbiamo risparmiato tanti di quei soldi sulle pomate contro le punture d'insetto grazie ai suoi rimedi che oramai ne ho perso il conto.
Maila si affaccia dal giardino di mia madre verso di me e mi fissa in silenzio, seduta vicino al muretto di pietra bassa.
Sta sempre in quella zona quella certosina, vicino al roseto.
Non si è mai fidata completamente di me, né di mio marito. Rimane vicina a mia madre e ci viene a salutare di tanto in tanto, poi torna sui suoi passi.
Non so più nemmeno quanti anni abbia, ho smesso di contarli quando ha superato i quattordici. Lei fa parte dell'eredità di mio padre: voleva che ce ne prendessimo cura noi, temeva in quanto sorella più fragile che fosse debole e avesse bisogno d'aiuto e invece ha superato sua sorella in longevità e sta con mia madre come un girasole che segue il sole.
L'universo è un posto ben strano, a pensarci su.
Gli incontri con le persone sono meravigliosi, non sai mai chi ti sta di fronte chi sia, dove potrebbe condurti se ti fiderai abbastanza da seguirlo.
Il mio unico rimpianto è non poter condividere con chi mi circonda il mio modo di vedere il mondo, non so come farmi comprendere appieno da chi mi circonda.
Forse è per questo che negli anni ho smesso di parlare di certi argomenti, vedevo che non c'era una corrispondenza.
Però, chiusa quella porta se ne sono aperte molte altre.
Ho sempre il lupo bianco con cui parlare: l'ho sognato raramente, ma anche se non lo vedo quasi mai, so che c'è e quindi gli parlo.
Mi sembra di vederlo in giardino sotto il castagno, sdraiato che mi fissa in silenzio, ascoltandomi.
Di tanto in tanto da queste parti vicino al boschetto passano i cacciatori alla ricerca di qualche preda.
Noi per conto nostro lasciamo sempre qualche cosa per i cervi e i cinghiali d'inverno, fuori dal muro di pietra.
Quando questi signori vengono da noi a chiederci se abbiamo visto qualche animale, li indirizziamo sempre nella direzione opposta rispetto a dove li abbiamo visti: se erano a nord, li mandiamo a sud e viceversa.
Se sono incapaci di seguire le tracce, sono problemi loro.
Io non sono un'amante della caccia, mai stata.
Pur consumando periodicamente della carne, mi urta vedere gente che a scopo ricreativo và ad ammazzare interi branchi di cinghiali.
E hanno il coraggio di chiamarlo sport.
In passato mi alteravo, sbottavo – Ma andatevene al poligono!
Poi è nato il nostro primo figlio e pian piano grazie a lui ho trovato un nuovo equilibrio.
Mi domandava le cose e io gliele spiegavo come potevo con mio marito.
I figli, mia madre dice che ci giudicano.
La mia esperienza mi ha insegnato che ci aiutano a crescere.
E l'ambiente naturale è la scuola di vita migliore che possa esistere nell'intero universo.
Molti studiosi di scienza, arte e filosofia hanno avuto intuizioni e picchi di creatività stando all'aperto, ad oggi ne comprendo la ragione.
Le scuole dovrebbero svolgersi all'aperto, quand'è possibile. L'aria fresca, il tappeto verde di erbe selvatiche e l'ombra di un albero sono quanto c'è di meglio per rilassare la mente e predisporci all'apprendimento.
Prima o poi ci arriveranno anche i controllori delle società, ne sono sicura.
Hanno mogli e figli e noi donne siamo più ricettive in questo senso.
Torno con la mente al presente.
Un tordo fischietta sul ramo di un albero, è un tipetto vivace.
Rientro in casa a prepararmi una tazza di tè.
5 Interventi lasciati nella Bacheca:
Earwen, questo brano per me raggiunge delle vette di espressione veramente alte. Ci hai raccontato così tante cose, tutte ricche di significati, in un unico brano. Vorrei scrivere un commento più lungo e dettagliato ma ho tema di risultare invadente. Perciò mi limito a ringraziarti per avermi portato con te nel tuo mondo. Ci sono così tante cose che condivido con te, che mi è sembrato per un attimo di vedere una sorella anima in uno specchio, o seduta nel mio giardino d'estate, in cui riflettevo me stessa. Ma in un mondo parallelo. Quello in cui l'altra me ha avuto dei figli e riesce a realizzare meglio quello che io vorrei fare con mia mamma. Ma tante e tante cose di te sono me. Mi hai emozionato tantissimo. Grazie per questa tua scrittura.
A volte basta cominciare con un "ciao mamma" accompagnato da un sorriso, proseguendo con un silenzio che dia spazio a lei per potersi avvicinare a te.
Sentiti libera di scrivere e condividere quello che desideri.
:)
Losto mae, carissima.
Buongiorno cara Earwen! Che piacere trovarti e scambiare pensieri con te qui.
Ecco la mia storia (spero di non annoiare, ma è per inquadrare la situazione contestualizzata). Mio papà è mancato 15 anni fa e mia mamma è rimasta del tutto dipendente da me nelle sue attività, di ogni genere. Sono arrivata a occuparmi talmente tanto di lei (con piacere!), che il rapporto madre-figlia si è invertito. Non ho più potuto seguire sia il mio lavoro a tempo pieno sia lei, perciò ho lasciato il lavoro (con piacere!). Temendo di non riuscire a costruirmi una vita sufficientemente "fatta a mano" per me stessa, se avessi continuato a vivere con lei (temevo di diventare, con il tempo, una sorta di badante), ho preso una casetta immersa in un giardino, a soli 350 metri da lei. Il che si traduce con il fatto che passo da lei la maggior parte del mio tempo, torno a casa per le mie faccende e per dormire.
Il mio rammarico è che vorrei che lei fosse abbastanza in forze da raggiungermi da sola e passare del tempo con me a casa mia, nel mio giardino, a condividere maggiormente la vita agreste, la cucina, dei momenti spensierati. Qui attorno si snodano sentieri nei boschi, che vorrei costantemente condividere con lei.
Ma, con l'età e i problemi che l'hanno accompagnata da tanto tempo, ha perso la capacità di camminare in modo semplice. Riesce a fare solo pochi passi, a gran fatica, e deve subito sedersi. Ciò le impedisce di venire da sola a trovarmi qui, di farsi una passeggiata nei sentieri, di stare con me nel mio giardino... Sono io ad andare da lei, ma passiamo molte ore in casa. Riesce a camminare meglio quando siamo nei piccoli supermercati, dove si attacca tranquilla al carrello.
Quando il tempo è bello, provo a portarla sull'argine accanto al fiume, che è di fronte a casa sua. Pochi passi e via... a casa, perchè non ce la fa.
Vedere repressa la sua capacità di muoversi, vederla così tarpata, con le ali piegate, è una tristezza che devo imparare ad accettare. (E Tolkien mi aiuta moltissimo, a dare un senso al normale destino della Stirpe Umana.)
Ecco perchè la scena che hai descritto raffigura esattamente quello che io vorrei condividere con mia mamma, se ancora potesse.
Ma ogni cosa nasce e cresce e si sviluppa secondo i destini della Natura. Ed è giusto così.
Grazie cara Earwen per questa occasione di poterci esprimere liberamente, in un luogo in cui siamo accolti. ^_^
Buonasera carissima!
Ti capisco, so cosa si prova a vedere il proprio genitore che perde l'autosufficienza.
Capisco la rabbia e la frustrazione, più di quanto possa dire.
Stai dedicandole tutta te stessa e sono certa che lo capisca.
Sono felice che tu ti sia aperta con me, qui in questo spazio è come se tu fossi a casa mia e fin dove mi sarà possibile tu sarai libera di esprimerti.
Ti chiedo, da madre, di dedicare cinque minuti a te stessa una volta al giorno, magari la sera prima di stenderti:
Immaginati seduta nel tuo giardino con tua mamma, in primavera, mentre sorseggiate una tazza di tè, entrambe sorridenti.
L'immagine cerca di crearla nitida, non preoccuparti del "come" ci arriverete a quel momento.
Immagina "solo" quel momento.
Fallo tutte le sere prima di stenderti.
Ti auguro di vivere questo momento il più felicemente possibile.
Buona serata carissima, è stato un piacere!
Sii sempre la benvenuta nella mia casa.
Grazie cara Earwen, prezioso consiglio, preziosa immagine! Ci proverò sicuramente. Dovrebbe anche attirarne la concretizzazione positiva. Forse creare un'immagine forte e reale nella nostra mente ci predispone a comportarci in un modo in cui, alla fine, tutto ciò si realizza davvero.
Grazie, farò tesoro delle tue parole!
^_^
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